Un libro sulle evasioni che hanno fatto la storia


Un libro, pubblicato nel 2011, che non ho ancora letto: “La fuga dal carcere” di Lanfranco Caminiti, ed. Derive Approdi.

Questo libro narra le appassionanti e coinvolgenti avventure di chi ha tentato la fuga dal carcere, uno dei temi in assoluto più classici e ricorrenti della letteratura di tutti i tempi. L’anelito di libertà, la fantasia, l’arguzia, la pazienza, la costanza, la perizia, il coraggio sono gli ingredienti essenziali che il prigioniero oculatamente dosa nel suo piano di fuga. E indipendentemente dal successo che esso può avere riesce comunque sempre a suscitare i sentimenti forti dell’emozione, della partecipazione, della simpatia. A partire da questi presupposti il libro colleziona le più mirabolanti e spettacolari fughe dal carcere – maschile, femminile, minorile, psichiatrico – sia fallite che riuscite, realizzate nella storia carceraria di diversi paesi, compreso ovviamente il nostro. Storie di fughe divenute celeberrime che hanno ispirato poeti, romanzieri, sceneggiatori e registi cinematografici e teatrali, insieme a fughe altrettanto straordinarie ma rimaste ai più sconosciute. Fughe sagaci compiute senza colpo ferire e fughe violente sfociate in tragedia. E’ una carrellata che inizia da Guglielmo d’Ockham dalle segrete del palazzo dei papi di Avignone nel 1328, passando per Giacomo Casanova, fughe durante la II guerra mondiale, l’Italia degli anni ’80,. . Oltre ai racconti e alle cronache, il libro raccoglie anche testimonianze dirette narrate dai protagonisti di alcune fughe carcerarie. A corredo un importante repertorio di immagini sul tema della storia della fuga dal carcere.

L’AUTORE – Lanfranco Caminiti, siciliano, vive appartato, scrive articoli e saggi, legge tante storie e gli capita di buttarne giù qualcuna. Non ha sempre fatto questo: quand’era ragazzo stava per lo più per strada, come tanti negli anni Settanta. I suoi scritti [collezionati su www.lanfranco.org] navigano per Internet dove vengono ripubblicati e talvolta tradotti.

INDICE DELL’OPERA – Abolire il carcere – 1328. Guglielmo d’Ockham. Passando per le segrete del palazzo dei papi di Avignone – 1756. Giacomo Casanova. Per tetti e dalla porta dei Piombi di Venezia – 1792. Giuseppe Balsamo, detto Cagliostro. A piedi dalla porta della fortezza di San Leo – 1864. Centonove ufficiali dell’Unione attraverso un tunnel dalla Libby Prison, Richmond – 1934. John Dillinger. In automobile, dalla prigione di Lake County, Indiana – 1944. Rudolf Vrba e Alfréd Wetzler. Strisciando fuori dal campo di concentramento di Auschwitz – 1944. La grande fuga. 76 prigionieri di guerra evadono dallo Stalag Luft III, attraverso il tunnel Harry – 1944. La più bella fuga che non ci fu mai. Bill Goldfinch e Jack Best, prigionieri di guerra, con un aliante dal Castello di Colditz, Sassonia – 1962. Frank Morris e i fratelli Anglin. Da Alcatraz con un gommone nelle gelide acque della Baia di San Francisco – 1972. Jacques Mesrine, Jean-Paul Mercier e altri quattro. Evadono da un buco praticato nella recinzione e tornano per attaccare la prigione di Saint-Vincent-de-Paul, Québec – 1973. Séamus Twomey, Provisional Irish Republican Army. In elicottero da Mountjoy Prison – 1975. Billy Hayes, con una barca dall’isola di İmralı, Mar di Marmara, Turchia – 1980. Renato Vallanzasca e altri quindici. Con le pistole dal portone di San Vittore – 1982. Susanna, Marina, Loredana e Federica, militanti di Prima linea. Da una breccia nel carcere di Rovigo, aperta con l’esplosivo – 1983. Trentotto detenuti dell’Ira con il camion dei pasti dal cancello della prigione di Maze – 2005-2009. Lincoln Burrows e Michael Scofield, nel serial televisivo Prison Break. (ndt. questa scelta non la capisco proprio… )Dalle fognature, carcere di Fox River – A loro, di Lanfranco Caminiti

UN RACCONTO TRATTO DAL LIBRO – “A Napoli, a Poggioreale, m’avevano sbattuto al padiglione San Paolo, che funzionava da ospedale interno, dopo un lunghissimo sciopero della fame per evitare di finire negli speciali (dove, invece, dopo un primo accomodamento, dalla Chiesa ci spedì) che m’aveva ridotto uno scheletro; e lì c’era una maggiore libertà di movimento. Quasi tutti ci stavano per motivi che poco avevano attinenza con le malattie, erano dei privilegiati o per motivi propri o per motivi graditi alla direzione del carcere. Il padiglione era a ridosso del portone di accesso di Poggioreale. Una posizione strategica. Da una finestra con le inferriate vedevo proprio il portone, un pezzo di camminamento e la garitta delle guardie. Non era  impossibile arrivarci. E avrei potuto fare tutto da solo. O quasi. Però, a Napoli, una volta scappato, potevo contare su appoggi esterni, mi avrebbero nascosto e protetto, per il periodo necessario. E questo, dove andare subito dopo l’evasione, è proprio un elemento fondamentale, che devi programmare prima. Cominciai a muovermi su e giù nel padiglione, con prudenza ma forse troppo, ed ebbi la sventatezza – ero ancora fresco di galera – di parlarne con qualcuno. Mi spedirono negli speciali in quattro e quattr’otto. Ancora a Napoli anni dopo, di passaggio per un processo in una sorta di specialino, da fuori erano riusciti a farmi entrare una lima nascosta in un blocco notes, sottilissima ma efficientissima, professionale. Non sapevo bene dove era meglio segare, dove sarei finito uscito dalla cella, però da dove stavo io si raggiungevano dei tetti e magari da lì… Cominciai a provarci, senza tagliare a fondo le sbarre perché le sbattevano ai turni di controllo. Funzionava. Avevo poco tempo, perché il processo sarebbe durato poco. Ero indeciso se provarci subito o tenermi l’occasione per un’altra volta, organizzandola meglio, magari non da solo. L’incertezza mi fregò. Fui rispedito negli speciali, d’improvviso e di notte e non potei portarmi dietro la lima che avevo nascosto nel bagno perché furono le guardie della squadretta a mettere assieme le mie cose – facevano così: arrivavano in sette, otto e ti prendevano com’eri nel letto e ti impacchettavano senza il tempo di dire bah. Io non ci tornai più là e non l’ho mai detto a nessuno. Magari è ancora là, quella lima.”

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