Maledetto infame


Tentativo di evasione,

Un tentativo di evasione, un racconto vero tratto dal libro “IL SOPRAVISSUTO, Cronache di sofferenza” scritto dal folle anarchico (!) Sabatino Catapano

“Dal carcere di Salerno – Intanto pensavo sempre all’evasione e insieme a Pasquale organizzammo il tentativo: cominciammo a procurarci il necessario per fare i due fori che ci avrebbero permesso di divenir uccel di bosco. Eravamo meticolosi nell’esecuzione del lavoro e dovevamo essere molto attenti a non farci scoprire perchè i controlli erano frequenti, almeno tre volte al giorno passavano per la conta, la battitura delle inferriate e la battitura del muro, perchè quella stanza confinava con un vano vuoto dove più facilmente si poteva lavorare per il secondo foro che ci avrebbe permesso di fuggire.
Di buchi riuscimmo a farne uno solo, i controlli dei secondini non scoprirono un bel niente tanto era perfetta l’esecuzione; ci sentivamo in una botte di ferro, sicuri ormai che tutto procedesse per il meglio. Il lavoro si doveva fare di notte attenti all’intervallo tra un controllo e l’altro, che avvenivano sempre negli stessi orari: alle otto di mattina, alle sedici, alle ventiquattro, cioè ad ogni cambio di turno dei secondini i quali molto frequentemente venivano ad osservare dallo spioncino.
Eravamo in quattro d’accordo sull’evasione e a rotazione andavamo in bagno per darci il cambio, mentre gli altri controllavano con attenzione sia i compagni di stanza sia il passaggio dei secondini per l’ispezione notturna; tutto procedeva a gonfie vele, il letto che restava vuoto per il turno di lavoro veniva sistemato con qualche cuscino e coperta per formare una sagoma che desse l’impressione di essere occupato. Ma questi accorgimenti non servirono ad un bel niente e il nostro impegno fu vanificato perchè avevamo calcolato tutto meno la possibilità di una spiata! Fummo dei creduloni.. la delazione puntualmente venne fatta, uno sciacallo ebbe paura di poter subire qualche ritorsione dai secondini e spifferò tutto.
Il primo buco era già stato completato, al controllo delle otto di mattina andò tutto bene, la notte successiva potevamo entrare nel vano adiacente per iniziare l’altro buco che ci avrebbe permesso di realizzare il nostro desiderio di libertà, ma non fu così.
Quando ci vennero ad aprire per l’ora d’aria uscimmo tutti, salve uno, la spia! In quel momento non potevamo saperlo, ma lo capimmo subito dopo, perchè appena iniziata l’ora arrivarono un bel pò di secondini, comunicandoci che il direttore ci aveva convocati: il dubbio fu confermato appena uno di noi, uscito dall’ufficio, invece di tornare con gli altri verso la sezione fu scortato alle celle di punizione. Più chiaro di così non poteva essere, e alla fine il consiglio di disciplina ci punì con tre mesi di isolamento e la riduzione del vitto a pane e acqua per tre giorni la settimana.”

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