Detenuto modello con un piano perfetto


22 settembre 2009
Pescara – È difficile che si sia nascosto a Pescara, ma potrebbe anche non essere così lontano. La polizia sta provando a stringere il cerchio sul marocchino evaso due mattine fa dal San Donato con un colpo a sorpresa, approfittando dell’assenza di una sorveglianza e soprattutto dell’incondizionata fiducia guadagnata con lunghi mesi di buona condotta. Proprio facendo leva sul provvedimento che gli consentiva di uscire dal carcere alle 8 del mattino e di rientrare alle 20, il detenuto evaso ha dato vita a una fuga premeditata da chissà quanto tempo.
Non è un caso che appena un’ora e mezza prima il 29enne extracomunitario – che stava scontando una condanna per detenzione di droga – abbia ricevuto la visita di due persone, che si sono intrattenute a parlare con lui nella sala colloqui per un quarto d’ora senza neppure sfruttare appieno l’ora consentita dal regolamento penitenziario. Probabilmente, è l’ipotesi degli investigatori, un faccia a faccia per pianificare gli ultimi dettagli di una fuga già preparata. Sabato mattina, l’evaso era stato incaricato di pulire l’area tra la cinta muraria del San Donato e un’altra recinzione esterna, la cosiddetta intercinta.
Il salto verso la libertà non superava il metro e mezzo di altezza. Un gioco da ragazzi per il giovane marocchino scavalcare il muretto e allontanarsi senza dare nell’occhio, quasi certamente a bordo di una macchina che lo stava attendendo all’esterno. Erano le 10,30. Ad agevolare la fuga, anche il fatto che l’allarme sia scattato dopo diverse ore. Solo alle 13, infatti, il personale in servizio si è reso conto che il marocchino non stava più lavorando nei pressi del carcere. Lo stavano aspettando per portare dei pacchi, ma l’extracomunitario aveva già fatto perdere le proprie tracce. È stata avvertita la squadra mobile, diretta da Nicola Zupo, che si è messa subito a caccia dell’evaso, allargando l’area di ricerca al di fuori di Pescara. La polizia ha battuto alcuni luoghi dell’Abruzzo dove l’uomo poteva essersi rifugiato. Le prime ricerche non hanno avuto esito, ma gli investigatori sono certi di riuscire a rintracciare il 29enne.
L’evaso stava scontando una pena che gli era stata comminata dai giudici di Milano per detenzione a fine di spaccio di sostanze stupefacenti, dopo essere stato sorpreso dalla Finanza nel dicembre 2006 con mezzo chilo di cocaina. Arrestato, condannato e rinchiuso nel carcere milanese, era stato poi trasferito per sfollamento a Pescara, dove doveva rimanere fino a fine pena, nel marzo del 2011. Al San Donato, si era fatto notare per il suo comportamento impeccabile. Un detenuto modello, al punto che lo staff composto da un educatore, una psicologa e un criminologo, dopo sei mesi di incontri, aveva dato parere favorevole a un allentamento della sorveglianza. Così, grazie alla sua buona condotta, il detenuto marocchino aveva ottenuto il permesso di uscire dall’area blindata del carcere, autorizzato al lavoro esterno senza scorta dal direttore della casa circondariale Franco Pettinelli dopo il via libera del magistrato di sorveglianza. Nessuno nutriva dubbi su di lui.
Invece l’altra mattina, la fuga, improvvisa, spiegabile secondo gli investigatori con il timore del marocchino di venire espulso dal territorio italiano una volta in libertà o che qualche procedimento pendente potesse giungere a sentenza, allungando il periodo di detenzione. Oppure, più semplicemente, ha voluto cogliere l’occasione propizia. Ma molto è legato all’esito del colloquio di sabato e di quelli che il giovane potrebbe avere avuto nelle scorse settimane.

Non è la prima volta che il carcere di Pescara sale alla ribalta per evasioni. La più famosa è quella del 29 gennaio 1985, quando sei componenti della banda Battestini uscirono dal San Donato lasciando dietro di sé sette agenti di polizia penitenziaria feriti. I fuggitivi vennero acciuffati 15 giorni dopo a Roma, al termine di un sanguinoso conflitto a fuoco con le forze dell’ordine. Appena quattro anni fa, nel 2005, due albanesi e un romeno riuscirono ad allontanarsi, dopo avere annodato un lenzuolo, scivolando da un buco all’esterno del muro di cinta. Furono presi poco dopo.
Un altro caso, quello di un romeno, che aveva usufruito di un permesso premio accordato anche in quel caso dal magistrato di sorveglianza grazie alla sua buona condotta e che non era più rientrato in carcere. Lo hanno arrestato a Roma.

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